I danni dei composti rameici nell’olivicoltura
Il rame è largamente applicato come fungicida e anticrittogamico su diverse coltivazioni in agricoltura, ed il suo utilizzo è consentito anche in agricoltura biologica soprattutto per eliminare i patogeni dell’olivo.
Secondo il Regolamento CE N. 889/2008 della Commissione europea del 5 settembre 2008 (recante modalità di applicazione del regolamento CE n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, per quanto riguarda la produzione biologica, l’etichettatura e i controlli) i composti del rame sotto forma di idrossido di rame, ossicloruro di rame, ossido di rame, poltiglia bordolese e solfato di rame tribasico sono consentiti per un massimo di 6 kg per ettaro l’anno. Per le colture perenni invece gli Stati membri, in deroga a tale regolamento, possono autorizzare il superamento del limite massimo a condizione che la quantità media effettivamente applicata nell’arco dei cinque anni costituiti dall’anno considerato e dai quattro anni precedenti non superi i 6 kg. L’utilizzo del rame nelle coltivazioni biologiche è stato prorogato fino al 2025 e dal 1° gennaio 2019 al 31° dicembre 2025 sono stati autorizzati esclusivamente gli impieghi che comportano un’applicazione totale non superiore a 28 kg di rame per ettaro nell’arco di 7 anni (4kg l’anno). Il rinnovo dell’approvazione Ue dei composti del rame è stato concesso a discapito del parere negativo dell’Efsa che nel suo consueto riepilogo aveva segnalato come “critical areas of concern” (aspetti per i quali sono disponibili abbastanza informazioni e queste confermano la pericolosità del prodotto in valutazione) il rischio per uccelli e mammiferi (problema ricorrente nella valutazione degli agrofarmaci, anche quelli di sintesi), per gli organismi acquatici e i macro-organismi del suolo (tipicamente i lombrichi) e di “issues that could not be finalized” (aspetti per i quali mancano delle informazioni e quindi si applica il principio di precauzione invocando spesso scenari catastrofici) quello di non poter effettuare la valutazione del rischio del consumatore in quanto le prove residui presentate dal notificante sono state effettuate a dosi maggiori rispetto a quelle proposte. Nonostante il principio di precauzione del diritto europeo e le indicazioni dell’Efsa, la Commissione europea non è riuscita ad indicare un’alternativa ai composti rameici mentendo definitivamente al bando il suo utilizzo in agricoltura biologica.
I problemi dell’utilizzo del rame sono innumerevoli, e a seguire cercheremo di analizzarli in modo dettagliato. Innanzitutto dobbiamo soffermarci sulla sua applicazione e analizzare una delle colture in cui viene impiegato maggiormente, ossia quella dell’Olivicoltura.
La mosca olearia
Il rame trova largo utilizzo di impiego per combattere la mosca olearia (bactrocera oleae), un insetto che attacca i frutti dell’olivo praticando una puntura con l’ovopositore sulla buccia dell’oliva e depositando le sue uova (solitamente una per singolo foro) nella cavità sottostante. Le femmine depongono le uova a partire dall’estate inoltrata, quando l’oliva ha almeno un diametro di 7–8 mm e la schiusa dell’uovo avviene dopo un periodo variabile secondo le condizioni climatiche da 2-3 giorni nel periodo estivo ad una decina di giorni nel periodo autunnale. La larva neonata scava inizialmente una galleria superficiale, ma in seguito si sposta in profondità nella polpa fino ad arrivare al nocciolo, che in ogni modo non viene intaccato. Una volta pronta effettua un nuovo foro nel frutto ed è pronta ad uscire. Le condizioni ambientali favorevoli agli attacchi della mosca sono: Regime termico moderato con temperature non superiori ai 32-34 °C., clima umido, cultivar precoci, cultivar da mensa o a duplice attitudine e coltivazione in regime irriguo. In genere gli attacchi sono più intensi nelle annate di scarica (bassa produzione) e più contenuti in quelle di carica (alta produzione).
I danni causati dal rame alla biodiversità
Il rame risulta essere una soluzione drastica per prevenire e combattere tutto il ciclo riproduttivo della mosca, infatti esercita un’azione repellente nei sui confronti, infatti le femmine rivolgono preferibilmente la loro attenzione, per le ovideposizioni, verso le olive non trattate. Alla base di questa azione preventiva ci sarebbe l’effetto biocida del rame nei confronti di batteri simbionti delle larve, interferendo con la fisiologia dell’apparato digerente della larva. Il problema principale è che questo metallo interferisce anche con altri batteri simbionti della pianta preposti a proteggerla durante l’attacco di altri patogeni quali funghi, muffe e batteri creando una vera e propria “disbiosi” biologica (leggi l’articolo su Il sistema immunitario delle piante). Inoltre, a seguito di trattamenti ripetuti nel tempo, il rame può accumularsi nei terreni coltivati, esplicare effetti tossici sulla microfauna del suolo e pertanto ridurne la biodiversità. Un uso eccessivo e sconsiderato di questo metallo può portare ad una serie di problematiche non indifferenti, depositandosi nei primi strati di terreno con ripercussioni negative per la vita microbica e lo sviluppo di batteri, funghi e lombrichi, determinando anche una selezione dei lieviti. Il rame è di fatto un metallo pesante ed il suo accumulo nel suolo può avere conseguenze negative, come evidenziato anche da Stefania Tegli, ricercatrice del Dipartimento di scienze delle produzioni agroalimentari e dell’ambiente dell’Università di Firenze: “il rame che viene utilizzato come antiparassitario tende in pratica ad accumularsi nell’ambiente, in particolare nel suolo. E, dal terreno, può raggiungere e inquinare le falde acquifere, determinando gravissimi rischi ambientali ed ecotossicologici su un ampio spettro di organismi e microrganismi”.
Gli insetti predatori della mosca
Un altro rischio provocato dal rame è quello di compromettere la biodiversità dei naturali predatori della mosca. Il suo utilizzo infatti può innescare meccanismi repellenti a tutti gli insetti che svolgono una funzione di difesa contro le larve della mosca, creando uno vero e proprio squilibrio della biodiversità e mettendo a serio rischio il naturale ciclo biologico e simbiotico delle piante con alcune specie di insetti predatori. Tra i predatori più noti annoveriamo diversi insetti dell’ordine degli imenotteri, quali:
- Opius concolor: insetti imenotteri della famiglia dei Braconidi
- Macrolophus pygmaeus: un insetto della famiglia dei Miridi
- Pnigalio mediterraneus: un insetto parassitoide della famiglia degli Eulofidi
- Eupelmus urozonus: della famiglia degli Eupelmidi
- Eurytoma martellii appartenente alla famiglia degli Euritomidi
La concentrazione di attacchi della mosca dipende dunque da diversi fattori soprattutto ambientali, ma prevalentemente predilige le annate di scarica dove la produzione è più bassa e la pianta si riposa, approfittando dunque della poca resa in termini di frutti che favorisce il rapporto simbiotico tra predatori e pianta.
Il rame, un pericolo per l’ambiente e per l’uomo
Ricordiamo che il rame è un metallo pesante, ed a elevate quantità risulta tossico per i microrganismi e per gli esseri umani e può provocare una vera e propria intossicazione che porta a gravi conseguenze per la salute. Questo infatti dal terreno può raggiungere e inquinare le falde acquifere, determinando gravissimi rischi ambientali ed ecotossicologici su un ampio spettro di organismi e microrganismi. I metalli pesanti non sono soggetti a ulteriori degradazioni nell’ambiente, e anche il rame rientra in questa categoria. Come evidenziato dalla dott.ssa Stefania Tegli “Il rame determina un aumento allarmante, nella microflora degli agroecosistemi, della percentuale di batteri resistenti agli antibiotici, che finiscono col costituire una sorta di serbatoio di geni per l’antibiotico-resistenza. Questi geni sono presenti su elementi mobili del loro genoma, i plasmidi, che possono essere trasmessi con facilità anche ai batteri patogeni di uomo e animali, rendendoli così a loro volta resistenti agli antibiotici e vanificandone di fatto l’azione profilattica e terapeutica in medicina umana e veterinaria”
Dunque in conclusione il rame, ormai consacrato come unico metodo di soluzione per eliminare o contrastare i parassiti in agricoltura, risulta provocare più danni di quanti cerchi di prevenirne. In un contesto di agricoltura intensiva questo può anche essere giustificabile in quanto la produzione deve essere “forzata” a tutti i costi (che se ne condivida o no il metodo produttivo), ma nelle piccole realtà agricole questa pratica ormai dannosa e obsoleta non trova alcun senso di esistere.
Nella natura c’è uno splendido equilibrio e quando ci infiliamo cercando la soluzione più facile o più drastica rischiamo di compromettere quell’equilibrio, facendo danni ancora peggiori.